INTRODUZIONE
Stanotte Zefiro, gentile e birichino Bussò alla porta de lo core mio - Sveglia, che fai? – Mi disse – avvisa il mondo Che lo Cavalier del vento Chiuso in la torre de lo silenzio Manda, per me, a tutti Lo bongiorno. Licenza prese per ossequiar Li sui compagni Che allegre novelle gli han portato E su le quali a meditar si pose Sì che sua forza aumentar potesse. Or dunque amici, non posso io ignorar Tale richiesta, pertanto A nome di Zefiro messagger del Cavalier del Vento a tutti porgo lo bongiorno. Chi son io non è importante dirlo Perché è il messaggio che deve arrivare Gradito allegro e pur scherzoso Che manda il Cavalier del vento Per dire al mondo intiero Il suo pensier per voi costante Pur ne lo silenzio. IL GIORNO DOPO Gradito fu lo mio intervento Ai Cavalier che in coro hanno apprezzato Dando licenza a me di proseguir... Svelar io dunque debbo il mio mistero E dire al mondo chi sono e chi già fui Per contentar le Dame e i Cavalieri Già ben disposti ad inserirmi in mensa … Or dunque son la Dama de lo Infinito tempo Che un giorno su le ali de lo vento Mentre vagava tra antiche rovine Per caso incontrò un Cavaliere … Era Leon che Incontro le si fece E incuriosito da la sua presenza a lei si avvicinò E con galanteria baciò la mano Chiedendole licenza di introdurla alla rotonda mensa per bere dalla coppa del sapere e della conoscenza pur non pensando che esto dolce nettare era lo quotidiano suo nutrimento. Di tal lusinga fiera e assai contenta La Dama notò che tale incontro Del tutto inaspettato si ponea giusto nel momento in cui ella retrocedendo, come omai per ella è naturale, ad esplorar la età di mezzo si accingea approfondendo ciò di cui già ebbe a parlare nelli scritti sui. Or dunque Dame illustrissime E Cavalieri arditi Che con coraggio a dispensar amore andate Vogliate accettar li miei ringraziamenti Per tanto amor mostrato ed incoraggiamento A svelar chi dunque io sono… Accolgo con piacer tale richiesta E col vostro favor vi svelerò I fatti ed i misteri che pian piano Stan ritornando a tratti a la mia mente… Ricordi di una vita ormai lontana Ma che per me è ancor viva e presente. Su queste note licenza prendo E a tutti auguro lo Buon Giorno Ringraziando lo Cavalier Leon Che primo dette a me tale licenza. RICORDI … Era di luglio lo giorno 5 del tempo in cui a me giovinezza sorridea e nello cor lo sogno d’ amor dolcemente cullava. La notte assai serena e bella Splendea nel ciel di brillanti fiammelle … Tra tante andai cercando quella stella Che a me potesse dire del domani In armonia col desiderio espresso … Fallace fu però la mia speranza che In sogno la notte io mi vidi Ahimè negletta reclusa in la torre del castello Per voler del padre mio che far volea di me Sacerdotessa A custodir lo foco ne lo Tempio E dedicando lo mio core a Dio … Lo core mio però ben altra cosa Tenea in serbo Nutrendo amor per uno giovinetto Carino assai e di gentile aspetto Che lo core a piene mani mi avea dato Incendiando così l’anima mia … Lo foco possedea me tutta intiera Lo foco nel mio petto era d’amor Che di luce e di emozion vibrare mi facea … Or dunque chiusa ne la torre antica Guardavo all’orizzonte da ‘na ferrea grata Sperando di veder lo volto amico Che in salvo di sicuro m’avria portata … E giorni e notti viss’io senza speranza Finchè un mattin nel sole che splendea Un lampeggiar si vide a l’orizzonte … Sobbalzò lo core mio a la speranza Che tal bagliore lo cavaliere mio annunciasse Ma mentre lo destriero s’appressava Vid’io gualdrappa bianca e croce rossa Venir verso la torre in gran carriera … Un colpo ebbi allo core assai temendo di mio padre tal messaggero che fregiavasi d’usar tale mantello siffatto a quello che mio padre avea perciò temendo suo consiglio per mia vita che già promesso in gran segreto avea al cavaliero mio pregavo nel mio cor per mia salvezza temendo assai d’affrontar la pena. Giunto … inchin mi fece il cavaliere Visiera si tolse e gli occhi mi mostrò D’amore ardenti e pure di gran duolo Non avendo di che liberare la donzella. Per ben tre volte tentò la scalata Ma quella torre invincibile era Per ben tre volte infatti egli ricadde Scivolando a ritroso sul pendio … Nel mentre lui tentava la torre di scalare Io cercava di mandar giù un appiglio E con lenzuola e li capelli miei corde intrecciavo da mandar giù al mio amore … D’un tratto silenzioso in fondo al viale vid’io mio padre assai accigliato e cupo che non soffrendo infrazione al suo comando feroce agguantò il giovin cavaliero … morì lo core mio in quel frangente soffrendo gran dolor per lui negletto che incontro a grande pena era diretto … chiusa in la torre nulla potea se non gridare di lassarlo benignamente andare … non ressi … quel dolore sì acuto e penetrante uccidea miei sensi e di colpo svenni … mi svegliai con gran dolore al petto scendean calde lacrime giù di getto Un vuoto grande assai era ne lo core Che distruggea ogni emozion d’amore … Ma come mai potea soltanto un sogno Destar sì tante dolorose sensazioni Come se quella vista fosse ieri E non soltanto dolce rimembranza Che a me parea nel tempo assai lontana Per creder ch’essa fosse una realtà … Per tutto lo giorno mi sentii infelice Per quello grande amore ormai svanito Perché il sentire assai profondo e vero Che lo mio core avea provato Era ancor lì presente e vivo Come se lo Cavalier fosse egli vero… Per giorni ne li occhi a me restò il ricordo Di quella vista che a colori era venuta Come se in cinemascope l’avessi veduta … *** Da quel giorno passò un lungo anno Nessun sogno a rimembrar più venne Lo seguito che ebbe la vicenda … Ed io già scordato avea il tutto Quando in capo ad un anno Sempre di luglio allo giorno 5 Tornò a me la rimembranza Dal punto esatto in cui La storia avea lassato … E questo è ciò che ricordai … Dalla grata in terra svenuta mi vedea Lo servitore a guardia di mia cella E con prontezza avviso diede A che qualcun aiuto mi desse La madre mia per prima corse e… Quando mi risvegliai nel letto mio mi vidi Cullata dalla dolce madre che Opponendosi a la volontà del genitore In mia difese venne senza pensare omai Al dover d’obbedienza al suo consorte … Fiera e decisa gli si parò dinnanzi E niuna ragion indietro la fece tornare … Il genitor offeso ne lo onore Ordine diede di di non farmi uscire Da quella stanza in cui l’unica che potea veder era la madre … Giorni passaron e nulla più sapea Del cavalier diletto Io mi struggea ma inutil era lo mio pianto Perché lo padre il core avea duro come pietra. Un giorno io sentii gridare forte Un grido lancinante da la piazza “Foco alla strega” in coro si gridava Mentre la poveretta non sapea che fare. “Al rogo, al rogo” si gridava E Angelica tremante ed impotente A seguir li dannati era costretta … Chiesi alla madre di uscire lo permesso Ella mi accompagnò per sicurezza E mentre quella donna al rogo andava Ebbi una stretta al cor talmente forte Che a terra mi sedetti ahimè negletta … Gran duol sentendo dentr’al core Non ressi nel veder la cara amica Che per magia al rogo era costretta Forza mi feci ed eludendo Della madre la sorveglianza Fuggii veloce più de lo vento Angelica chiamando tra singhiozzi e lai … Per calli irte e di spinose rose sparse, io procedea sul mio destriero bianco, certo fuggendo e senza alcun rimpianto andando incontro a sfide senza tempo per na fanciulla ognor protetta e salva. Libertà chiamava, in tempi non concessi alla gentil pulzella che fuggendo da ipocrite parvenze anelava a conquistar la dolce ebbrezza dello andar ne lo vento. Sì, libertà che è sì tanto cara da conquistar senza colpo ferire la rendea forte e impavida guerriera a sfidar lo tempo e la durezza di un genitor racchiuso nella mente. Avea gran paura la donzella e a tutta corsa andava, incitando il destrier ad incalzare nello vano tentativo di abbandonar ogni suo duolo… E nella speme di rosee vittorie già pregustava infinita gioia ne lo core. Troppo bello era lo suo andare anche se solo di fuggir era l’intento ma un frate tenero e gentile le sbarrò la strada e con dolcezza e grande persuasione la riportò a li antichi dolori. Che dire? Ogni conquista richiede lo suo valore, stiamo tranquilli nell'accettar la condizione se questo è il mezzo per conquistar ragione. RISCONTRO NE LO REALE Oggi sospendo un po’ lo mio racconto Per dimostrar che al sogno segue il vero Racconterò lo fatto che per davvero L’altr’anno mi è accaduto inaspettato E che per risonanza mi ha portato A dir di Angelica che sul rogo ha penato La strana situazion vuol dimostrare Che attenzion dobbiamo a ciò che accade E poi tenere a mente e collegare Tra lor le cose ormai andate Questo è lo segreto per venire a certezza per cose che nel tempo son scordate ma per intender meglio lo mio dire io vado lesta lesta a raccontare … Nel tempo di gennaio 2009 Una tal Dama da me non conosciuta Fece un sogno che la sconvolse assai A cui non sapea dare spiegazione Tal Dama ne parlò a mia amica Dicendo che paura avea avuta Da donna assai cattiva in sogno a lei venuta E dimenticare in fretta ella volea Quel sogno che turbata molto l’avea Ma coincidenza volle che ciò non accadesse E che ripresentarsi a lei dovesse Per caso era andata al mercatino Dell’antiquariato un mattino E mentre lei girava per cercare Qualcosa assai gradevol da comprare Vide ad un tratto e restò esterefatta La donna de lo sogno in una tela Presa da angoscia chiamò l’amica sua Che pure era mia amica in egual misura E mentre discorrean su quel dipinto Accordo non venia su l’espressione Se fosse di dolor o cattiveria … Allora a me ricorser fiduciose Sapendo di fidar ne lo mio sentire Ed io andai e come a quella tela m’accostai Sentii odor di fuoco e di bruciato “Angelica” io dissi sol di getto “È lei che sta bruciando su lo rogo Non è cattiva ma solo sofferente E gli occhi volge al Ciel per chieder grazia” Ma il filo che fra noi s’era creato Non si spezzava e là legata mi tenea Allor pensai di far fotografia Senza capire bene lo perché … Tempo passò e più di un anno fu … Nell’anno qui corrente di marzo il mese Tal damigella da me non conosciuta Che in Torino avea la sua dimora Avendomi incontrata su lo Web Grande con me risonanza avea trovata Perciò mi scrisse volendo sapere Se io potessi con lei conferire E conciliar le sensazioni sue a le mie. Non dico mai di no a tali offerte Perciò a braccia aperte io l’accolsi E ci scrivemmo un po’ per conoscenza … Grande la risonanza era tra noi Che a lei venne da dire che in altre vite Ci eravan di certo conosciute … Iniziò da qui la mia ricerca per cognoscer Il filo che ci univa E via via che i dati apprendevo sempre più per essi mi convincevo Che noi nella età di mezzo eravamo state entrambe al foco assai legate ma in che modo ciò potea essere Ancora qualche dubbio ci restava … Un giorno lei mi disse di un suo sogno Che oltre al foco ed all’odor di acre grandi grida d’aiuto avea sentito e non sapendo da chi le provenisser chiese a me urgente intervenire … In queste mie ricerche io ho un mio modo E mille domande io le feci Che qui sarebbe lungo raccontare Oltre che noioso e senza scopo Perché nessun di voi mi può aiutare In questa mia indagine speciale … A chi è interessato posso dare Solo consigli su come fare Ma credo che nessun giovamento Può venire a chi non trova interessante Indietro andare … Invece da quel tempo noi traiamo La condizion di questa vita attuale E lo saper chi fummo o cosa facemmo Può dare giovamento all’attual soffrire … Ma ora voglio dar la soluzione e breve sarà per convinzione E allor vi dico che mentre ella parlava A me sovvenne in mente de la tela Sentii ne lo core una gran fitta E chiesi a damigella di lei una foto E quando alfin la ebbi e confrontai La stessa bocca e gli occhi e il naso Io ritrovai … Che dir stupita da tanta somiglianza Andai a Torino per incontrar lei dal vero E ancor di più fu mia la meraviglia Nel riscontrar in lei di Angelica sembianze … LA DAMA DE LO INFINITO TEMPO QUI SI FERMA AUGURANDO A TUTTI UNA LETTURA LEGGERA … NON VOGLIO VOI TEDIAR CON QUESTE NOTE MA SOLO DIMOSTRAR CHE SONO VERE LE SENSAZION CHE TUTTI SEMPRE ABBIAMO MA CHE AD ESSE IMPORTANZA NON DIAMO. RINGRAZIO CHI FIN QUI MI HA SEGUITA E A DAME E CAVALIERI UN CALDO ABBRACCIO MANDO … *** |