LA BROCCA
Ero stata gelosa di una collega di mio marito che, per lavori scolastici, telefonava sempre a casa e chiedeva di lui senza mai dire il suo nome. Questo mi infastidiva enormemente ed un pomeriggio di domenica, dopo che, in seguito ad una sua telefonata, mio marito uscì per raggiungere il gruppo di studio, io la maledissi dal profondo del cuore augurandole la morte.
Successivamente mio marito mi disse che era da sciocchi essere gelosi di una persona ammalata di cancro, con i giorni contati.
Per tranquillizzarmi me la fece conoscere, ma anche l’incontro fisico fu molto freddo tra noi, c’era un muro che ci divideva.
Sicuramente non avevamo simpatia una per l’altra.
Un’ora dopo giunse suo marito e con mio grande sollievo scoprii che era un amico della mia famiglia, perduto di vista da quando si era sposato.
Ci mettemmo a chiacchierare da buoni amici, e la serata passò.
Dopo qualche mese quella donna morì, aveva solo 50 anni.
In me aleggiava un leggero senso di colpa, come se quella maledizione fosse stata causa della sua morte, comunque, nonostante che la ragione volesse convincermi dell’inesistenza della colpa da parte mia, perchè già il male l’aveva condannata, io provavo un senso di disagio quando pensavo a lei.
Passarono due anni, il suo ricordo si era affievolito nella mia mente e così pure il senso di colpa.
Un giorno, fummo invitati a cena da una nuova collega di mio marito, ci presentammo con un enorme fascio di fiori, era la prima volta che io entravo in quella casa.
La padrona di casa ci aprì la porta, le demmo i fiori, ci salutammo e quindi ci guidò verso la sala dove c’erano gli altri invitati.
Appena entrata in quella sala, la prima persona che vidi fu Adriana, la collega defunta.
Chiusi gli occhi, li riaprii per sincerarmi di quello che vedevo, era proprio lei, lì in mezzo a tutti gli altri invitati e sembrava viva e vera, in carne ed ossa.
La fissai attentamente, non si trattava di una somiglianza, era proprio lei.
Fredda ed impassibile mi avviai, in preda al mio turbamento, verso di lei, ma fui distolta da altri amici che si avvicinarono per salutarmi. Fui cordiale, sorrisi, salutai, poi mi guardai intorno per vedere se Adriana fosse ancora lì.
Non c’era, era scomparsa.
Un po’ pensierosa, trascorsi la serata in modo molto riservato, tanto che qualcuno spesso si avvicinava a me pensando che mi sentissi a disagio tra quelle persone per lo più sconosciute. Feci buon viso a cattivo gioco, dissi che stavo benissimo e mi sforzai di essere naturale, mentre il mio pensiero tornava a quello che avevo visto all’entrata.
Finalmente, dopo che si concluse la cena, mentre tutti sonnecchiavano o ridevano sprofondati tra i cuscini delle poltrone, io mentalmente, cercando di convincermi che avevo avuto delle allucinazioni dissi: “Sei ancora qui?”. Non feci in tempo a formulare questo pensiero che la brocca dell’acqua, ancora colma sulla tavola, senza che nessuno fosse vicino e senza che fosse accaduto qualcosa da giustificare il fatto, con uno scricchiolio si aprì letteralmente in due, e tutta l’acqua, contenuta in essa, si riversò sulla tavola e finì anche per terra.
Al crac che aveva accompagnato il fatto si volsero tutti, rimanendo sbalorditi e qualcuno azzardò: “Che per caso ci sono i fantasmi?”
Non dissi nulla, avevo avuto la risposta alla mia domanda, ma soprattutto presi coscienza che non si era trattato di allucinazioni, inoltre quell’acqua versata in quel modo ed in quel posto, stava ad indicare che i miei sensi di colpa non avevano motivo di esistere più, quell’acqua aveva purificato la mia anima.
Successivamente sognai Adriana sorridente e amorevole verso di me, feci dire delle messe in suo suffragio, riconquistando la mia pace interiore.
Non l’ho sognata più.
Successivamente mio marito mi disse che era da sciocchi essere gelosi di una persona ammalata di cancro, con i giorni contati.
Per tranquillizzarmi me la fece conoscere, ma anche l’incontro fisico fu molto freddo tra noi, c’era un muro che ci divideva.
Sicuramente non avevamo simpatia una per l’altra.
Un’ora dopo giunse suo marito e con mio grande sollievo scoprii che era un amico della mia famiglia, perduto di vista da quando si era sposato.
Ci mettemmo a chiacchierare da buoni amici, e la serata passò.
Dopo qualche mese quella donna morì, aveva solo 50 anni.
In me aleggiava un leggero senso di colpa, come se quella maledizione fosse stata causa della sua morte, comunque, nonostante che la ragione volesse convincermi dell’inesistenza della colpa da parte mia, perchè già il male l’aveva condannata, io provavo un senso di disagio quando pensavo a lei.
Passarono due anni, il suo ricordo si era affievolito nella mia mente e così pure il senso di colpa.
Un giorno, fummo invitati a cena da una nuova collega di mio marito, ci presentammo con un enorme fascio di fiori, era la prima volta che io entravo in quella casa.
La padrona di casa ci aprì la porta, le demmo i fiori, ci salutammo e quindi ci guidò verso la sala dove c’erano gli altri invitati.
Appena entrata in quella sala, la prima persona che vidi fu Adriana, la collega defunta.
Chiusi gli occhi, li riaprii per sincerarmi di quello che vedevo, era proprio lei, lì in mezzo a tutti gli altri invitati e sembrava viva e vera, in carne ed ossa.
La fissai attentamente, non si trattava di una somiglianza, era proprio lei.
Fredda ed impassibile mi avviai, in preda al mio turbamento, verso di lei, ma fui distolta da altri amici che si avvicinarono per salutarmi. Fui cordiale, sorrisi, salutai, poi mi guardai intorno per vedere se Adriana fosse ancora lì.
Non c’era, era scomparsa.
Un po’ pensierosa, trascorsi la serata in modo molto riservato, tanto che qualcuno spesso si avvicinava a me pensando che mi sentissi a disagio tra quelle persone per lo più sconosciute. Feci buon viso a cattivo gioco, dissi che stavo benissimo e mi sforzai di essere naturale, mentre il mio pensiero tornava a quello che avevo visto all’entrata.
Finalmente, dopo che si concluse la cena, mentre tutti sonnecchiavano o ridevano sprofondati tra i cuscini delle poltrone, io mentalmente, cercando di convincermi che avevo avuto delle allucinazioni dissi: “Sei ancora qui?”. Non feci in tempo a formulare questo pensiero che la brocca dell’acqua, ancora colma sulla tavola, senza che nessuno fosse vicino e senza che fosse accaduto qualcosa da giustificare il fatto, con uno scricchiolio si aprì letteralmente in due, e tutta l’acqua, contenuta in essa, si riversò sulla tavola e finì anche per terra.
Al crac che aveva accompagnato il fatto si volsero tutti, rimanendo sbalorditi e qualcuno azzardò: “Che per caso ci sono i fantasmi?”
Non dissi nulla, avevo avuto la risposta alla mia domanda, ma soprattutto presi coscienza che non si era trattato di allucinazioni, inoltre quell’acqua versata in quel modo ed in quel posto, stava ad indicare che i miei sensi di colpa non avevano motivo di esistere più, quell’acqua aveva purificato la mia anima.
Successivamente sognai Adriana sorridente e amorevole verso di me, feci dire delle messe in suo suffragio, riconquistando la mia pace interiore.
Non l’ho sognata più.