IL TUFFO
Era il mese di giugno, il caldo si faceva sentire, insieme a degli amici andammo a fare una gita sulle bellissime scoglieredel mio Salento.
Dopo pranzo, riprendemmo il giro panoramico iniziato nella mattinata.
Giungemmo in un punto dove la roccia a strapiombo sul mare, mi attirava come in una magia.
Le parole, i discorsi degli amici, le risatine e le battute di spirito non mi interessavano più.
Io guardavo intensamente quello scoglio che si ergeva verso il cielo, imponente.
Decisi di salire fino in cima, era quasi l’ora del tramonto, e tutti mi consigliavano di rinunciare perché era tardi e dovevamo rientrare.
Ero già sposata ed avevo i miei due bambini; sarebbe bastato il loro pensiero per distogliermi dal folle proposito, ma quello scoglio mi attirava irresistibilmente, sembrava fosse una calamita, assolutamente non potevo rinunciare.
Scherzando e ridendo dissi che sarei tornata in fretta, e così cominciai la scalata sotto lo sguardo contrariato di mio marito.
Giunsi in alto, lo spettacolo era meraviglioso, la possibilità di gustare l’ebbrezza del volo diventò irresistibile. Non riuscivo a trattenermi, volevo tuffarmi, abbandonandomi al senso di leggerezza e di compenetrazione con la bellezza della natura circostante. Si, in quel momentoavevo bisogno di ritrovare me stessa, dovevo scrollarmi di dosso la pesantezza di una giornata trascorsa con gli altri a dire chiacchiere e banalità.
Avevo bisogno di penetrare nell’essenza della vita, cosa che si può capire solo quando la mente alienata dalla quotidianitàsi trova ai confini della realtà.
Non ci pensai due volte, l’aria crepuscolare, quel mare cupo e profondo erano un tutt’uno con i miei pensieri, dissi a me stessa che mai più mi sarebbe capitata un’altra occasione simile, e senza pensarci due volte mi lanciai nel vuoto.
Prima di toccare l’acqua provai un senso di smarrimento, ma quando penetrai nelle profondità del mare e mi sentii avvolgere tutta da quella dolcissima massa liquida, calma e rasserenante, gustai la sensazione di essere in simbiosi con quell’elemento.
Riemersi, nessuno si era accorto di nulla, presi dalle loro conversazioni, forse pensavano che stessi ancora in alto a gustarmi il tramonto.
Cercai uno scoglio per approdare, notai la roccia a mala pena nascosta dall’acqua, mentre prendevo coscienza che avrei potuto sfracellarmi sugli scogli, perchè mi ero tuffata senza tenere conto di questa possibilità, sentii la voce di un amico, uno del gruppo, l’unico che forse aveva intuito le mie folli intenzioni e mi aveva seguita, preoccupato, che mi indicava il punto più facile per risalire.
Pensando al pericolo corso, rabbrividii ed ancor più mi sentii mancare quando, alzando gli occhi verso l’alto vidi una fotografia incassata nella roccia, era l’immagine di un ragazzo che forse per provare quello che io avevo voluto provare, aveva finito di vivere su quegli scogli a soli 17 anni.
Dopo pranzo, riprendemmo il giro panoramico iniziato nella mattinata.
Giungemmo in un punto dove la roccia a strapiombo sul mare, mi attirava come in una magia.
Le parole, i discorsi degli amici, le risatine e le battute di spirito non mi interessavano più.
Io guardavo intensamente quello scoglio che si ergeva verso il cielo, imponente.
Decisi di salire fino in cima, era quasi l’ora del tramonto, e tutti mi consigliavano di rinunciare perché era tardi e dovevamo rientrare.
Ero già sposata ed avevo i miei due bambini; sarebbe bastato il loro pensiero per distogliermi dal folle proposito, ma quello scoglio mi attirava irresistibilmente, sembrava fosse una calamita, assolutamente non potevo rinunciare.
Scherzando e ridendo dissi che sarei tornata in fretta, e così cominciai la scalata sotto lo sguardo contrariato di mio marito.
Giunsi in alto, lo spettacolo era meraviglioso, la possibilità di gustare l’ebbrezza del volo diventò irresistibile. Non riuscivo a trattenermi, volevo tuffarmi, abbandonandomi al senso di leggerezza e di compenetrazione con la bellezza della natura circostante. Si, in quel momentoavevo bisogno di ritrovare me stessa, dovevo scrollarmi di dosso la pesantezza di una giornata trascorsa con gli altri a dire chiacchiere e banalità.
Avevo bisogno di penetrare nell’essenza della vita, cosa che si può capire solo quando la mente alienata dalla quotidianitàsi trova ai confini della realtà.
Non ci pensai due volte, l’aria crepuscolare, quel mare cupo e profondo erano un tutt’uno con i miei pensieri, dissi a me stessa che mai più mi sarebbe capitata un’altra occasione simile, e senza pensarci due volte mi lanciai nel vuoto.
Prima di toccare l’acqua provai un senso di smarrimento, ma quando penetrai nelle profondità del mare e mi sentii avvolgere tutta da quella dolcissima massa liquida, calma e rasserenante, gustai la sensazione di essere in simbiosi con quell’elemento.
Riemersi, nessuno si era accorto di nulla, presi dalle loro conversazioni, forse pensavano che stessi ancora in alto a gustarmi il tramonto.
Cercai uno scoglio per approdare, notai la roccia a mala pena nascosta dall’acqua, mentre prendevo coscienza che avrei potuto sfracellarmi sugli scogli, perchè mi ero tuffata senza tenere conto di questa possibilità, sentii la voce di un amico, uno del gruppo, l’unico che forse aveva intuito le mie folli intenzioni e mi aveva seguita, preoccupato, che mi indicava il punto più facile per risalire.
Pensando al pericolo corso, rabbrividii ed ancor più mi sentii mancare quando, alzando gli occhi verso l’alto vidi una fotografia incassata nella roccia, era l’immagine di un ragazzo che forse per provare quello che io avevo voluto provare, aveva finito di vivere su quegli scogli a soli 17 anni.