IL NAUFRAGIO
Era tempo d’estate, stavamo al mare, non c’era un alito di vento, il mare era una tavola blu, io guardavo sconsolata quel mare bellissimo nel quale non potevo tuffarmi.
Venne la mia amica Olga ad invitarmi per una passeggiata col sandalino, insieme a suo padre, il suo fratellino di tre anni, Michele, e il cuginetto Sergio.
Accettai, salii sul sandalino non in costume da bagno, ma in tenuta da spiaggia. Il mare era piatto, non c’era la minima possibilità che mi potessi bagnare.
Ce ne andavamo lentamente su quel mare blu, mentre il sole in tutto il suo sfolgorio riempiva l’anima di gioia. Il padre di Olga, un uomo grande e grosso era seduto da un lato, tutti noi ragazzi dall’altro lato bilanciavamo il suo peso.
Ad un certo punto Sergio si fece prendere dalla smania di remare, insistette per prendere il posto dello zio.
Era sicuramente un’imprudenza, tentarono per assicurarsi di poter mantenere in equilibrio il sandalino, ma bastò un attimo di squilibrio perchè venissimo catapultati nel mare.
Anche se avevo 17 anni, non sapevo ancora nuotare, presi un colpo in testa ed andai a finire giù, giù in fondo al mare.
Senza esagerazione in quel punto dovevano esserci almeno 10 metri d'acqua.
Mentre volavo via rivolsi il mio pensiero alla mamma celeste: “Madonna, aiutami” dissi tra me.
Giù in fondo, non c’era luce, ma con gli occhi sbarrati presi coscienza di quel meraviglioso mondo sommerso: c’erano tantissime piante acquatiche ed una miriade di anguille. Il pensiero della legge fisica secondo la quale ogni corpo reagisce in proporzione ad una spinta, mi tranquillizzò. Ero calma, serena, pensando che spontaneamente sarei risalita in superficie.
Ad un certo punto sentii un corpo avvinghiarsi intorno a me, si stringeva fortemente, lo toccai, credetti trattarsi di Olga e l’accarezzai fiduciosa.
Ad un tratto sentii sotto i miei piedi una mano, un qualcosa di rassicurante che mi spingeva verso l’alto, vidi l’acqua diventare più chiara, sì, stavamo proprio risalendo. Bevevo, bevevo ma non avevo la sensazione di annegare er serena … appena gli altri ci scorsero si precipitarono ad aiutarci.
Notai l’angoscia sui loro volti trasformarsi in gioia, insieme a me c’era Michele, il piccolo di tre anni, che in fondo al mare non avevano trovato.
Onestamente ammisero che si erano dimenticati di me tutti presi dalla ricerca di Michele.
Nessuno avrebbe potuto salvarmi quindi, perché la ricerca di Michele, il piccolo di tre anni era diventata prioritaria.
In cuor mio pensai che ero stata solo fortunata, solo col tempo ho capito che l’aiuto divino e inaspettato, è l’unico che non può mai venir meno perché mai si dimentica di te.
Sulla spiaggia trovai la mamma e la zia in ansia, e tutti gli altri bagnanti incuriositi e agitati.
Fui considerata l’eroina della giornata, ma io non avevo meriti perché tutto era accaduto apparentemente per caso.
Oggi sappiamo che il caso non esiste.
Venne la mia amica Olga ad invitarmi per una passeggiata col sandalino, insieme a suo padre, il suo fratellino di tre anni, Michele, e il cuginetto Sergio.
Accettai, salii sul sandalino non in costume da bagno, ma in tenuta da spiaggia. Il mare era piatto, non c’era la minima possibilità che mi potessi bagnare.
Ce ne andavamo lentamente su quel mare blu, mentre il sole in tutto il suo sfolgorio riempiva l’anima di gioia. Il padre di Olga, un uomo grande e grosso era seduto da un lato, tutti noi ragazzi dall’altro lato bilanciavamo il suo peso.
Ad un certo punto Sergio si fece prendere dalla smania di remare, insistette per prendere il posto dello zio.
Era sicuramente un’imprudenza, tentarono per assicurarsi di poter mantenere in equilibrio il sandalino, ma bastò un attimo di squilibrio perchè venissimo catapultati nel mare.
Anche se avevo 17 anni, non sapevo ancora nuotare, presi un colpo in testa ed andai a finire giù, giù in fondo al mare.
Senza esagerazione in quel punto dovevano esserci almeno 10 metri d'acqua.
Mentre volavo via rivolsi il mio pensiero alla mamma celeste: “Madonna, aiutami” dissi tra me.
Giù in fondo, non c’era luce, ma con gli occhi sbarrati presi coscienza di quel meraviglioso mondo sommerso: c’erano tantissime piante acquatiche ed una miriade di anguille. Il pensiero della legge fisica secondo la quale ogni corpo reagisce in proporzione ad una spinta, mi tranquillizzò. Ero calma, serena, pensando che spontaneamente sarei risalita in superficie.
Ad un certo punto sentii un corpo avvinghiarsi intorno a me, si stringeva fortemente, lo toccai, credetti trattarsi di Olga e l’accarezzai fiduciosa.
Ad un tratto sentii sotto i miei piedi una mano, un qualcosa di rassicurante che mi spingeva verso l’alto, vidi l’acqua diventare più chiara, sì, stavamo proprio risalendo. Bevevo, bevevo ma non avevo la sensazione di annegare er serena … appena gli altri ci scorsero si precipitarono ad aiutarci.
Notai l’angoscia sui loro volti trasformarsi in gioia, insieme a me c’era Michele, il piccolo di tre anni, che in fondo al mare non avevano trovato.
Onestamente ammisero che si erano dimenticati di me tutti presi dalla ricerca di Michele.
Nessuno avrebbe potuto salvarmi quindi, perché la ricerca di Michele, il piccolo di tre anni era diventata prioritaria.
In cuor mio pensai che ero stata solo fortunata, solo col tempo ho capito che l’aiuto divino e inaspettato, è l’unico che non può mai venir meno perché mai si dimentica di te.
Sulla spiaggia trovai la mamma e la zia in ansia, e tutti gli altri bagnanti incuriositi e agitati.
Fui considerata l’eroina della giornata, ma io non avevo meriti perché tutto era accaduto apparentemente per caso.
Oggi sappiamo che il caso non esiste.